Marcelli, Coldiretti: “Il Made in Tuscany è un investimento sicuro, di prospettiva e lungimirante”

Mollo tutto e vado a produrre vino in Italia. La Toscana si conferma la regione più appetibile del nostro paese per una fuga lunga tutta la vita, il posto giusto per vivere con la famiglia e crescere i propri figli in maniera sana seguendo i ritmi della campagna. Ma è sempre più spesso, soprattutto in tempi incerti come quelli che stiamo vivendo, una regione in cui “investire”, una terra di conquista dove mettere al sicuro i propri capitali diversificando il loro impiego come ha dimostrato in tempi recentissimi il caso dell’imprenditore cinese che alcuni mesi fa ha acquistato un’azienda nel Chianti, la “Casa Nova – La Ripintura”.

L’azienda è costata circa 2 milioni di euro. Un caso emblematico quello della piccola azienda del Gallo Nero che èstato tra i protagonisti dell’esposizione “Lo scaffale del Made in Italy che non c’è più” presentanto in occasione dell’Assemblea Nazionale di Coldiretti che si è tenuta questa mattina, giovedì 4 luglio, al Palalottomatica di Roma. Le due principali etichette sono state esposte nel salone insieme agli altri “esempi” di marchi storici passati in mani straniere. “Il Made in Tuscany – conferma Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti Toscana – è un investimento sicuro, di prospettiva e lungimirante. Ha enormi margini di crescita rappresentando una cultura molto apprezzata nel mondo, irriproducibile e quindi unica. L’agroalimentare è, a tutti gli effetti, un settore rifugio molto economicamente interessante per le multinazionali come stanno palesando le tante acquisizioni di marchi storici del nostro paese; non ultima l’azienda del Chianti”.

L’acquisto della “Casa Nova” è stato, tra quelle colline simbolo della toscanità agroalimentare che hanno già ribattezzato Chiantishire per la massiccia presenza di inglesi, tedeschi e francesi, il primo “acquisto” da parte di investitori cinesi anche se in Toscana in verità lo shopping non è certo una frontiera nuova. Nel 2012 la Costellations si era assicurata per 50milioni di euro un altro marchio storico, il Ruffino, azienda vinicola fondata nel 1877. Ma non sono gli unici esempi: l’aretina Buitoni acquisita dalla svizzera laNestlè (1988), la fiorentina Carapelli acquisita dal gruppo spagnolo Sos (2006) e la lucchese Bertolli venduta alla Uliver, poi acquisita anch’essa dal gruppo Sos (2008). “Non sarà l’ultimo caso – anticipa Marcelli – il nostro agroalimentare è l’unico settore in controtendenza; nel primo trimestre del 2013 ha continuato a galoppare con un importante +7% così come vino e olio”. Sono due dei prodotti d’eccellenza toscani dell’immaginario mondiale a tirare la volata nel primo trimestre del 2013: le esportazioni di vino sono ulteriormente aumentate del 5,7% (5,2% nello stesso periodo del 2012) mentre l’olio del +10,5% (8,2% nello stesso periodo del 2012).
Il dato più impressionante è però l’export verso la Cina: dal 2008 le esportazioni di vino italiano sono cresciute del 377%. Vino e olio sono i due piloni produttivi, guarda caso, dell’azienda del Chianti che oggi batte bandiera di Hong Kong. “I marchi del nostro agroalimentare sono un’ipoteca sul futuro. Sta avvenendo quello che è già successo nella moda ed in molti altri settori del lusso e del nostro Made in Italy. Penso alla Ducati, a Fendi, Bulgari, Gucci e così via. Le attenzioni da parte di imprenditori stranieri ci lusingano ma questo è un patrimonio che gli imprenditori toscani devono difendere con tutte le forze perché rappresenterà il futuro della nostra economia insieme alla filiera agricola tutta italiana che è il pilastro del nostro progetto”. A velocizzare questo processo la crisi economica che spinge molte imprese e società a vendere. Coldiretti (info su www.toscana.coldiretti.it) teme che il passaggio di proprietà a capitali stranieri possa innescare una serie di“effetti indesiderati” come lo svuotamento finanziario delle società acquisite e la delocalizzazione della produzione o di parte di essa. Il Chianti è, tra le altre cose, uno dei prodotti più taroccati al mondo, prodotto persino nellaNappa Valley, almeno ci provano: “E’ un processo di fronte al quale occorre – spiega ancora Marcelli – accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiugere traguardi prestigiosi”.
Secondo una previsione di “Scenari Immobiliari” in Toscana acquisteranno nel 2013 proprietà immobiliari il 16% di non residenti che sceglieranno di investire in Italia a confermare ulteriore di un’attrazione fatale. C’è chi investirà in ville e casali, ma anche chi, come sempre più spesso sta accadendo, in casolari agricoli da “ristrutturare” e da avviare alla produzione. Gli investitori sono però, a differenza delle altre rumorose acquisizioni, “anonimi” cittadini del Nord Europa, inglesi, tedeschi e francesi, che decidono di “trasferirsi” in Toscana per produrre olio, vino e altri prodotti ed integrarsi con la comunità locale. Una “migrazione” al contrario alla ricerca della “Toscana Felix” narrata dalla letteratura e dai film. E’ la scelta, per esempio, di una famiglia olandese, nel pisano, che ha mollato tutto per acquistare un’azienda agricola e produrre olio. Si dice che sia diventata una passione più grande di Van Gogh e che il prodotto sia ottimo. Nella lunigiana invece, un impiegato, dopo anni in “giacca e cravatta” ha deciso di lasciare la sua scrivania per acquistare un casolare ed iniziare a produrre vino. “Quando gli stranieri mettono piede in Toscana se ne innamorano. Per questi soggetti le porte della nostra regione sono sempre aperte perchédimostrano il desiderio di una integrazione culturale  completa; non sono venuti in Toscana per svuotare il valore dei nostri marchi per viverci”.
Fonte: Coldiretti Toscana – Ufficio Stampa

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