Toscana, la guerra del vino: “Il piano regionale ci impedisce di crescere”

E’ la rivolta dei produttori di vino. Scoppiata quasi all’improvviso, perché il Piano paesaggistico della Regione Toscana è stato adottato a metà luglio. Ma si sta ancora allargando: da Montalcino al Chianti, da Montepulciano a Bolgheri. Dai brand blasonati da export ai piccoli produttori. Tutti concordi nel giudicare troppo rigido il Piano paesaggistico: troppi vincoli, troppe limitazioni per chi intende sostituire il vecchio vigneto con un nuovo o anche realizzarne di nuovi in terreni oggi incolti, stante il mercato globale del vino in crescita. E la battaglia dei vigneti finisce anche per spaccare lo stesso governo toscano.

“Nessun divieto assoluto per i nuovi vigneti nel Piano paesaggistico, solo alcune condizioni per chi vuole realizzarli”, dice l’assessore regionale all’urbanistica Anna Marson. “C’è un taglio culturale generale che va adeguato, non possiamo fermare le imprese che vogliono crescere”, ribatte il suo collega all’agricoltura Gianni Salvadori. Il Piano paesaggistico sta per arrivare in porto, il prossimo 26 settembre scadono i termini per la presentazione delle osservazioni. E il tempo per eventuali modifiche già stringe. Mentre lo stesso governatore toscano Enrico Rossi, appena incaricato per il secondo mandato dal premier-segretario Matteo Renzi, difende le ragioni di un Piano che assurerebbe la tutela dell’ambiente e le regole di tutela del paesaggio.

I produttori di vino invece insistono per cambiare un Piano che, sostengono, minaccia i loro vigneti: la possibilità di rinnovare i vecchi impianti e, ancor più, la possibilità di realizzarne di nuovi. “Un’idea di agricoltura da primi anni del ’900″, insiste Giovanni Busi a nome del Consorzio Chianti classico. Ma è giusto questo che la responsabile urbanistica nega. “Invito tutti a leggere il testo, non ci sono prescrizioni di sorta”, dice Marson a proposito del testo che conta ben 3 mila pagine. “Anzi, uno degli obiettivi del Piano è riportare all’uso agricolo gli appezzamenti lasciati in eredità dalla mezzadria e oggi incolti o boschi secondari, trasformandoli anche in vigneti”, aggiunge l’assessore all’urbanistica. Calcolando in circa 200 mila gli ettari che il Piano, tolto il vincolo della legge Galasso, rende riconvertibili. Ad alcune condizioni però: “Serve attenzione alle tecniche di realizzazione per evitare problemi idrogeologici, come si è visto sul Refrontolo per il Prosecco. Serve attenzione per la riduzione della biodiversità e anche per la tutela del paesaggio”. Anche perché, continua Marson, riempianti e nuovi impianti beneficiano di soldi pubblici: 15-21 mila ad ettaro più 3.000 euro a copertura del “mancato reddito per particolari accorgimenti ambientali”.

Ma sono proprio le ‘condizionì di Marson, a non andare giù all’assessore all’agricoltura: “Non si può fare coltura intensiva perché serve il mosaico della biodiversità? Se diciamo che Montalcino è agricoltura intensiva che facciamo, chiudiamo? Forse non è chiaro che se non hai degli impianti adeguati finisci fuori mercato”, ribatte Salvadori. E ancora: “Il piano di sviluppo agricolo prevede 960 milioni d’investimenti e se non s’investe si chiude. Il mercato del vino mondiale è in espansione, il mercato orientale si allarga sempre di più, se la Toscana vuole aumentare la produzione diciamo di no? Credo che si debba discutere e chiarire”, insiste l’assessore. Intenzionato a riunire i produttori e aprire poi la discussione con Marson.

Ma se la richiesta fosse una sorta di ‘deregulation’, la responsabile urbanistica non ci sta: “Il Piano paesaggistico va in direzione di nuovi vigneti a patto però che siano vigneti toscani, non cinesi – dice Marson con una battuta – perché non dimentichiamo che anche per i produttori il paesaggio toscano è comunque un valore aggiunto”.

Fonte: Repubblica Firenze
Foto: BARACCHI, Cortona

..............

Menu