Grazie ad un “occhio” Toscano adesso vedremo Giove

La sonda Juno della Nasa è entrata nell’orbita di Giove.
Mai finora un veicolo è stato così vicino al pianeta più grande del Sistema Solare. I nove strumenti a bordo, due dei quali sono italiani, potranno ora mettersi al lavoro per rispondere alle tante domande aperte sul pianeta gigante, come la composizione del nucleo e l’ambiente estremo in cui è immerso, dove le radiazioni sono più intense che in qualsiasi altro luogo del nostro sistema planetario.

Lanciata il 5 agosto 2011, Juno (JUpiterNear-polarOrbiter) è stata realizzata dal Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasaha ed ha viaggiato per cinque anni, percorrendo quasi tre miliardi di chilometri per studiare il pianeta gigante grazie a un “cuore” scientifico che parla italiano. Adesso si tratta di conoscere tutti questi aspetti molto più da vicino e, soprattutto, bisogna capire che cosa si nasconde sotto la superficie del pianeta gigante.
Scoprirlo è il compito dei nove strumenti della sonda, il cui cuore scientifico è lo spettrometro italiano Jiram (JovianInfraRedAuroral Mapper): oltre a catturare le immagini delle aurore polari, studierà gli strati superiori dell’atmosfera a caccia di metano, vapore acqueo, ammoniaca e fosfina. Finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), è stato realizzato da Leonardo-Finmeccanica a Campi Bisenzio (Firenze) sotto la responsabilità scientifica dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Iaps-Inaf). Ottenere la prima mappa interna di Giove è l’obiettivo di KaT (Ka-Band Translator), progettato dall’Università Sapienza di Roma e realizzato dalla Thales Alenia Space Italia con il supporto dell’Asi. Italiano, infine, anche il sensore d’assetto Autonomous Star Tracker, realizzato da Leonardo-Finmeccanica: dopo averla guidata verso Giove, il sensore permetterà a Juno di mantenere la rotta nell’orbita del pianeta gigante.

Fonte: Ansa.it

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